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Mezzenile e le sue fucine

Tra i centri delle Valli di Lanzo interessati all’attività mineraria Mezzenile occupa sicuramente un ruolo di primo piano.
Le prime notizie sulle fucine locali risalgono al 1289: in occasione della fondazione di Pessinetto viene citata la fucina di Giovanni Ruata, e non vi è dubbio che la nascita del nuovo borgo con annesso forno minerario e le ricerche di miniere sui monti circostanti diedero impulso anche alle altre fucine già esistenti a Mezzenile.
Dopo un lungo periodo per cui mancano notizie, ma durante il quale ci sono fortissime probabilità che l’attività non si sia mai interrotta (vari autori parlano infatti di “fonderie un tempo floridissime”), verso la fine del Settecento ritroviamo gli impianti di Mezzenile nella descrizione delle risorse minerarie del Piemonte del Cavaliere di Robilant, e all’inizio dell’Ottocento è un esperto in materia, il conte Luigi Francesetti, proprietario delle fonderie locali, a fornirci nelle sue “Lettres sur les Vallées de Lanzo” interessantissimi particolari sull’organizzazione del lavoro e sulle tecniche impiegate.
Fino al 1865 circa il ferro destinato alla lavorazione era ricavato localmente dalle miniere del Calcante e dalle sabbie ferruginose trasportate dai ruscelli che scendono da questa montagna, e poi anche dalla miniera di Radis sopra Ala di Stura; più tardi, essendo venuto a mancare il legname necessario quale combustibile per la fusione, fu necessaria l’importazione di ferraglia e rottami, con conseguente scadimento qualitativo del prodotto e aumento dei costi di produzione.
Tuttavia ancora nel 1867 il colonnello Claravino poteva contare a Mezzenile 500 chiodaioli (su una popolazione di circa 2600 abitanti), e segnalava come il prodotto delle fucine locali, insieme a quello di Pessinetto e Traves, fosse di ben 12 tonnellate la settimana, per un valore annuo di 499.200 lire, che da solo rappresentava 1/3 dell’intero valore delle esportazioni valligiane, a riprova dell’importanza di questo settore nell’economia locale; lo stesso autore faceva notare però come l’attività fosse ormai in crisi, specie dopo il trasferimento della capitale da Torino a Firenze (1865).
Sintomo di queste difficoltà furono le agitazioni che i chiodaioli locali intrapresero nel 1883 e poi nel 1909, ottenendo alcuni miglioramenti nelle retribuzioni loro riconosciute dai commercianti, che provvedevano a fornire il ferro necessario e ad acquistare il prodotto finito, per poi smerciarlo sul mercato di Torino.
Dopo la 1a Guerra Mondiale, per evitare di dover ricorrere ai commercianti i chiodaioli di Mezzenile si riunirono in una Cooperativa, che raccoglieva il 90% circa degli addetti al settore e giunse ad avere oltre 200 soci. Negli anni ’40 una grossa commessa dell’esercito italiano per la fornitura di chiodi (non producibili a macchina) per le calzature delle truppe alpine ridiede fiato al settore, consentendo inoltre a parecchi lavoratori di ottenere l’esonero dal servizio militare. Nell’ultimo dopoguerra l’attività si ridusse progressivamente, specie a partire dal 1953, cessando in pratica negli anni ’60; la Cooperativa venne liquidata nel 1966-67. Oggi a Mezzenile non esistono più chiodaioli a tempo pieno, Ma esiste n gruppo di volontari che mantengono la tradizione con dimostrazioni presso la fucina “ Neuva” tutti i venerdì pomeriggio.
Le tecniche usate nei forni e nelle fucine di Mezzenile e dei paesi vicini sono rimaste immutate per secoli, e già il conte Francesetti nel 1823 ce ne forniva una descrizione dettagliata.
Particolarmente interessante l’accorgimento adottato per procurarsi la corrente d’aria necessaria a mantenere vivo il fuoco all’interno della fucina e che, con dimensioni ovviamente maggiori, si usava anche nelle fonderie; nelle fucine situate in zone povere d’acqua si usava invece il mantice.
Le fonderie, dette “alla catalana”, usavano per ogni fusione, della durata di 2 ore, 18 kg di rottami di ferro, 6 kg di paglia di ferro, 2 kg di ferro locale e circa 55 kg di carbone di castagno o di faggio. Si ottenevano così circa 25 kg di ottimo ferro, ridotto poi in verghe grazie all’impiego successivo di due pesanti martelli, messi in funzione da un albero mosso anch’esso dall’acqua. Per la necessità di energia idraulica tali fonderie erano ovviamente localizzate presso la Stura, e 4 uomini vi lavoravano ininterrottamente dandosi il cambio, per 6 giorni la settimana; la produzione annuale di ciascun impianto era di circa 30 tonnellate di ferro.
Mentre le fonderie appartenevano ai commercianti, le fucine erano quasi sempre a conduzione familiare, e vi lavoravano fino a 16 chiodaioli; al centro si trovava il fuoco su cui arroventava il ferro per renderlo malleabile, e tutto intorno sui lati dell’edificio vi erano le diverse pietre di “lavés” (pietra ollare), una per chiodaiolo, su cui erano piantati il “pal” e la “cornùa”: inserendovi le apposite “chiuere”, diverse per ogni tipo di chiodo, si lavorava il pezzo di ferro, separato dalla verga con il “taiet”, fino ad ottenere il chiodo della forma e dimensione voluta.
Pochissimi artigiani erano in grado di fare tutti i tipi di chiodi, in quanto alcuni di questi ultimi, ad esempio quelli da scarponi tipo “puntue” o “piramide”, erano appannaggio di pochi specialisti, di cui si ricordano i nomi, o meglio i soprannomi: Lilì, lu Lup, Pinotu ‘d Felice, Meuseta, Silvio d’la Goga, Chiesto, Norato, lu Lingiot, Carlin, ecc…
A partire dagli anni ’20 la Cooperativa forniva ferro e carbone, ritirando tutta la produzione e addebitando a ciascuno la parte di ferro consumata; il carbone invece veniva pagato ogniqualvolta veniva ritirato. L’attrezzatura pesante era prodotta dal laboratorio della famiglia Togliatti, a Pessinetto; vi erano poi diversi riparatori di attrezzi.
In quelli che il Conte Francesetti definiva “hameaux cloutiers” (villaggi chiodaioli), per distinguerli dai villaggi esclusivamente agricoli, era tale l’importanza di questa attività che ad occuparsi dell’agricoltura erano quasi esclusivamente le donne, quando pure anch’esse, insieme ai ragazzi, non lavoravano in fucina.
Sebbene il lavoro del chiodaiolo fosse indubbiamente duro e non abbia consentito a molti di arricchirsi (commercianti esclusi), tuttavia impedì fino alla 2a metà dell’Ottocento che a Mezzenile e nei centri vicini si dovesse ricorrere alla triste necessità dell’emigrazione, stagionale o permanente, tipica invece di tanti altri paesi delle Alpi.
Per l’economia di molte famiglie la fabbricazione dei chiodi rappresentava una voce così importante da non essere trascurata nemmeno nei periodi dell’alpeggio: infatti, allo scopo di poter accudire al bestiame sui pascoli estivi insieme alla famiglia senza smettere di costruire chiodi, furono fabbricate sulle montagne di Mezzenile, all’altezza delle grange estive (1000-1300 m), diverse fucine nelle quali lavoravano collegialmente i fabbri che occupavano gli alpeggi e le malghe circostanti. Queste fucine, al pari delle abitazioni che le circondavano, venivano utilizzate solamente durante l’estate e in brevi periodi all’inizio dell’autunno e nella tarda primavera, restando abbandonate per il resto dell’anno.
Non crediamo esistano altrove esempi di simili fucine “stagionali”; esse sono tuttora visibili in diverse località, così some le fucine dei villaggi, che, per quanto spesso semi-diroccate o trasformate in depositi (le più antiche risalgono al Settecento), punteggiano ancora la conca di Mezzenile, specie accanto ai corsi d’acqua, conferendo al paesaggio una nota caratteristica.

 

Ecomuseo dei Chiodaioli

Ecomuseo all’aria aperta che offre la possibilità di seguire itinerari fra i luoghi e gli attrezzi d’uso nelle antiche fucine per la lavorazione del ferro e di visitare la ricostruzione di un’aula scolastica dei primi del ‘900.

Come richiama il nome dell’ecomuseo, la lavorazione dei chiodi è la tematica principale offerta al visitatore, che ha la possibilità di scoprire i siti dove un tempo erano attrezzati piccoli laboratori per la produzione di chiodi e di altri oggetti in ferro.
L’Ecomuseo dei Chiodaioli si presenta come una tipica esposizione all’aria aperta da visitare lungo due sentieri escursionistici poco impegnativi, in cui i diversi elementi dell’ambiente naturale costituiscono ulteriore motivo di interesse.

Percorso breve: dislivello complessivo m 100 circa; tempo di percorrenza: ore 1-1,30; difficoltà: turistico; periodo consigliato: tutto l’anno.
Il percorso breve si sviluppa attraverso il centro storico della frazione Forneri che ricorda nel toponimo l’originaria funzione mineraria ed è ricca di numerosi elementi di architettura tradizionale (piloni votivi, passaggi coperti, case con colonne e pilastri). Poco a monte della frazione si raggiunge la fucina “Neuva” del 1850, per poi attraversare i centri storici delle frazioni Villa Superiore e Catelli, anch’essi ricchi di elementi architettonici tradizionali, meridiane e affreschi.

Percorso lungo: dislivello complessivo: m 500 circa; tempo di percorrenza: ore 3-3,30; difficoltà: escursionistico; periodo consigliato: aprile-novembre.
L’itinerario lungo ha inizio poco a monte della fucina Neuva e segue un sentiero piacevole e pianeggiante tra i prati, con bella veduta sul sottostante centro di Mezzenile. Si imbocca poi una mulattiera in salita che conduce alla frazione Cugn, Goulët e Rambocchiardo. Poco prima delle case di Rambocchiardo si prosegue nuovamente su una mulattiera che conduce ai prati delle “Pënissiërë”. Poche decine di metri di strada sterrata portano alla soprastante Cappella del Giardino, con il campanile in pietra a secco e pregevoli ex voto ed affreschi all’interno. Ritorno lungo lo stesso percorso, oppure scendendo dalla Cappella del Giardino alla frazione Goulët lungo la carrozzabile sterrata (ore 3-3,30).

 

 

Il Gruppo Chiodaioli

Il Gruppo Chiodaioli si è costituito nel 2006 ed è composto da sei persone che hanno ripreso l’antica arte della produzione dei chiodi di ferro fatti a mano.
Le dimostrazioni si fanno presso la fucina “La Neuva”, facente parte dell’Ecomuseo dei Chiodaioli, sita nella parte a monte della Frazione Forneri.
Il venerdì pomeriggio i chiodaioli fanno dimostrazione della trasformazione di una semplice barra di ferro in un pregevole chiodo da calzatura o da carpenteria.
Le postazioni dei chiodaioli e l’attrezzatura usata sono ancora originali, mentre l’edificio della fucina è stato recentemente ristrutturato per le generazioni future.
Su richiesta e secondo disponibilità si possono fare delle dimostrazioni in altri giorni della settimana, anche per gite di gruppo, per associazioni varie, per scuole di ogni ordine e grado.

Il Gruppo Chiodaioli è disponibile per dimostrazioni nelle manifestazioni di antichi mestieri e artigianato tradizionale in vari paesi
Allo scopo è stata allestita un’attrezzatura portatile per oltre 700 Kg complessivi di peso.

Per contattare il Gruppo Chiodaioli, oltre alla fucina dove si esibiscono, in Comune o alla Pro-Loco:
E-mail: chiodaioli.mezzenile@tiscali.it
su FACEBOOK: Chiodaioli di Mezzenile